Colosio: “Mi occupo di Covid, dolore per vicenda Ramelli”

Esiste il diritto all’oblio, la costanza di lavorare ogni giorno per provare a mettersi gli errori alle spalle, la volontà di condividere il proprio sapere con gli altri, il pudore di sapere che il passato pesa e il silenzio è una medicina contro gli slogan degli estremisti politici, di qualunque colore. “Devo mantenere la concentrazione sul mio lavoro, per provare a salvare la vita di chi lotta contro il Covid-19”, dice Claudio Colosio all’Adnkronos.  

Responsabile di medicina del lavoro dell’ospedale San Paolo di Milano, il suo nome era tra quelli scelti per far parte del Comitato tecnico scientifico della Regione Lombardia per l’emergenza coronavirus poi il passato ha ripresentato il conto: il medico, oggi 67enne, è stato coinvolto nell’omicidio di Sergio Ramelli, il 19enne appartenente al Fronte della Gioventù, ucciso a Milano il 13 marzo 1975. Condannato in via definitiva a 7 anni e 9 mesi per omicidio preterintenzionale, “oggi mi ritrovo a fare i conti con una triste vicenda accaduta 45 anni fa. Fatico a parlare di una storia che ha causato tanto dolore. Credo sia il momento di pensare ad una vera riconciliazione nazionale, anche a fronte della tragica emergenza che vi stiamo vivendo. Spero che i giovani si impegnino su obbiettivi veri e non ripetano più gli errori del passato”.  

Una storia mai dimenticata, che ancora una volta, però, rimette in gioco tutto. “Non mi sono mai nascosto: ho pagato, ho fatto un percorso, insegno all’università, sono un’altra persona e la mia fedina penale è pulita dopo la riabilitazione. Quello che voglio è continuare a fare il mio lavoro: concentrarmi sulla didattica e far vedere i risultati che stiamo raggiungendo nella battaglia contro il virus”, conclude Colosio.