La riapertura regionalizzata “è una riapertura monca, zoppa, che non consentirebbe un equilibrato sviluppo neanche alle regioni che aprono. C’è una tale interconnessione tra filiere produttive a attività commerciali che c’è il rischio che un’apertura a macchia di leopardo faccia più danni che vantaggi”. Così il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana ospite di 24 Mattino, su Radio 24.  

“Se si tratta del negozio di vicinato va benissimo – aggiunge Fontana – ma la riapertura deve avvenire quando il rischio del contagio si è concluso o si sta avviando alla conclusione su tutto il territorio perché c’è il rischio che possa riprendere senza sapere da dove riparte. Noi non è che vogliamo riaprire rischiando, io ho sempre sostenuto che la riapertura deve essere subordinata alla sicurezza e credo anche che finché non si individuerà un vaccino dovremo convivere con questo virus”.”Montagnier ha detto che secondo lui dopo un certo numero di giorni il virus scompare, speriamo che abbia ragione lui – dice ancora Fontana -. Se così non fosse dovremo imparare a conviverci perché non potremo per tutta la vita dividere l’Italia ed escludere le aree contagiate, e per convivere con il virus bisognerà assumere stili di vita diversi da quelli di adesso”. 

Fontana punta il dito: “I dispositivi di sicurezza avrebbero dovuto esserci procurati da chi deve gestire le emergenze nazionali, è compito dello Stato. Non è un’accusa ma un dato di fatto: anche noi abbiamo cercato di comprare nel mondo e non era facile trovare i dispositivi. Sui dispositivi noi abbiamo fatto quello che abbiamo potuto e lo Stato ha fatto quello che ha potuto, abbiamo cercato di supportare lo Stato nella ricerca di questi dispositivi che oggettivamente non c’erano”.  

“Da due anni – continua – sto chiedendo di darmi la possibilità di poter assumere più medici e infermieri e quando parlavo di autonomia facevo sempre questo esempio: purtroppo la storia mi ha dato ragione, se avessimo avuto la possibilità di assumere più medici e infermieri, avendo le risorse per farlo ed essendo invece ciò impedito da una legge nazionale, la finanziaria del 2014, forse avremmo potuto affrontare con meno ansia questo evento”.  

E sull’ospedale Fiera, costato 20 milioni di euro, “una volta tanto che viene fatta un’iniziativa che va nella direzione di programmare e progettare il futuro viene subito contestata. Io spero che questo ospedale si svuoti e che nessuno ci rientri, ma è stato costruito nel momento di massimo picco del virus quando ormai posti nelle terapie intensive erano finiti, aumento di posti non poteva essere realizzato e noi temevamo che la cosa potesse andare avanti. Grazie a Dio non è stato così ma dovevamo, e la richiesta è stata fatta dai nostri esperti, preparare una diga nel caso in cui l’epidemia avesse superato l’argine. E’ una previsione, qualcosa che può servire per il futuro, mi auguro non debba mai servire”.  

Riguardo alle accuse sull’ospedalizzazione, Fontana replica: “Chi fa questa accusa è chi non ha visto cosa stava succedendo. Arriva anche dai medici di Bergamo? Ci sono medici che dicono una cosa e medici che ne dicono un’altra. Quando una persona non respira e rischia di morire soffocata, a casa non si può curare. Nei pronto soccorso in quei giorni c’erano 80-90 persone all’interno del triage che non riuscivano a respirare, quelle erano persone che dovevano essere ospedalizzate, non potevano essere curate in modo diverso. Non ci sono alternative. Si può dire tutto e il contrario di tutto ma io parto dal presupposto di chi questa storia l’ha vissuta in prima persona”, afferma. 

“Io credo che chi è convinto di non avere sbagliato niente sia un po’ presuntuoso – continua il governatore – ma penso che abbiamo fatto tutte le scelte ritenute migliori, scelte che oltretutto, non essendo io medico, in nessun momento mi sono assunto l’ardire di decidere da solo. Io valutavo le proposte che mi facevano i tecnici e con i tecnici decidevamo. Prima di prendere ogni decisione è stata fatta una valutazione condivisa fra tutti coloro che se ne intendevano”. 

“Tutte le accuse trovano un limite – aggiunge – se fosse stata sbagliata ogni scelta, a questo punto tutta la Regione Lombardia avrebbe avuto gli stessi numeri e gli stessi drammi e invece non è andata così. Ci sono delle province, come Varese, Como, Lecco, Sondrio e la stessa Milano, che sono state solo sfiorate da questo. Se le scelte sono sbagliate avrebbero dovuto essere sbagliate ovunque”.