Lo studio dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ha preso in esame 128 ricerche condotte tra il 1980 e il 2019. Ecco quanto è emerso
Ancora plastica nel Mediterraneo: secondo uno studio di Ispra, quasi 50mila animali di 116 specie diverse l’avrebbero ingerita. Il 59% sono pesci ossei, come orate, merluzzi, acciughe, sardine, triglie, tonni, scampi, gamberi rossi. Mentre il 41% è composto da altri animali marini come meduse, tartarughe, mammiferi, crostacei, molluschi e uccelli.
La ricerca ha preso in esame 128 ricerche condotte tra il 1980 e il 2019. Da quanto è emerso, la plastica non finisce solo nello stomaco dei pesci, ma spesso diventa anche un ambiente di vita. E, soprattutto, un ‘mezzo di trasporto‘.
Leggi anche: European Green Deal: cosa prevede il pacchetto clima di Ursula von Der Leyen
Proprio così: sono state rintracciate 168 categorie di organismi marini che sono stati trasportati da oggetti di plastica. Parliamo anche di batteri che possono provocare malattie nei pesci che li mangiano.
Plastica nel Mediterraneo: rifiuti marini come mezzi di trasporto
Tra gli organismi più frequenti che vengono trasportati dai rifiuti marini ci sono gli artropodi (crostacei) e gli Cnidari (gorgonie, coralli). Lenze e reti da pesca sono inoltre particolarmente pericolose perché possono ferire e soffocare colonie di coralli, anche in aree molto profonde.
Secondo lo studio, sarebbero almeno 44 le specie marine che restano intrappolate nella plastica, morendo per strangolamento, denutrizione o affogamento. In questo senso quella che rischia maggiormente è la tartaruga marina caretta caretta. Tuttavia, oltre a lei, ci sono altre specie della Lista Rossa dell’International Union for Conservation of Nature (IUCN), come il corallo rosso, il tonno rosso, lo spinarolo e il capodoglio.
Dalla ricerca vengono fuori gli effetti dei rifiuti e della plastica sugli organismi del Mediterraneo, ma non emergono evidenze scientifiche degli effetti negativi dell’ingestione di microplastiche negli animali marini, né del loro trasferimento all’essere umano.