Lo rivela il Rapporto Istisan sul rischio cancro “Esposizione a radiofrequenze e tumori”, elaborato da Arpa Piemonte, Enea e Cnr-Irea. Tutti i dettagli
Per moltissimo tempo si è associato l’alto rischio di cancro all’uso prolungato dei cellulari. Sembrerebbe, invece, che l’utilizzo di uno smartphone per oltre 10 anni, non aumenterebbe la formazione di tumori maligni (glioma). Ma anche di quelli benigni (meningioma, neuroma acustico, tumori delle ghiandole salivari).
A rivelarlo è il Rapporto Istisan “Esposizione a radiofrequenze e tumori“, elaborato dall’Istituto superiore di sanità, Arpa Piemonte, Enea e Cnr-Irea.
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Secondo i ricercatori, però, le informazioni attuali “non consentono valutazioni accurate del rischio dei tumori intracranici e mancano dati sugli effetti a lungo termine dell’uso del cellulare iniziato durante l’infanzia”. Per questo “sono in corso ulteriori studi orientati a chiarire le residue incertezze”.
Rischio cancro: “L’uso del cellulare non risulta associato all’incidenza di neoplasie” ma servono ancora nuovi dati
Stanno proseguendo gli studi relativi al rischio di tumori intracranici causati dall’utilizzo degli smartphone. Queste ricerche, sostengono i ricercatori, “contribuiranno a chiarire le residue incertezze”.
Secondo il Rapporto e sulla base delle evidenze epidemiologiche attuali, “l’uso del cellulare non risulta associato all’incidenza di neoplasie nelle aree più esposte alle Radiofrequenze durante le chiamate vocali. La meta-analisi dei numerosi studi pubblicati nel periodo 1999-2017 non rileva, infatti, incrementi dei rischi”.
Le stime di rischio cancro messe in luce in questa meta-analisi, precisano i ricercatori, “sono più numerose e più precise” rispetto a quelle riportate nel 2011 dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Onu. Gli esperti affermano inoltre nel Rapporto che “i notevoli eccessi di rischio osservati in alcuni studi non sono coerenti con l’andamento temporale dei tassi d’incidenza dei tumori cerebrali che, a quasi 30 anni dall’introduzione dei cellulari, non hanno risentito del rapido e notevole aumento della prevalenza di esposizione”.
Nello studio emerge anche che “l’ipotesi di un’associazione tra Radiofrequenze emesse da antenne radiotelevisive e incidenza di leucemia infantile, suggerita da alcune analisi di correlazione geografica, non appare confermata dagli studi epidemiologici con dati individuali e stime di esposizione basate su modelli geospaziali di propagazione”.