Oltre 8.000 ettari di foreste italiane sono stati proclamati patrimonio mondiale dell’umanità Unesco a dimostrazione della ricchezza e dell’unicità degli ecosistemi naturali del nostro Paese e dell’efficacia delle azioni di conservazione delle aree protette nazionali. Lo ha deciso nella giornata odierna la 44esima sessione del Comitato del patrimonio mondiale che, in occasione dei lavori tenuti a Fuzhou in Cina e in modalità videoconferenza, ha accolto la raccomandazione favorevole espressa dall’Iucn riconoscendo i caratteri ecologici peculiari di ulteriori faggete vetuste mediterranee del nostro Paese situate nei parchi nazionali di Aspromonte, Gargano e Pollino, con i nuovi complessi forestali di Pavari-Sfilzi, Pollinello e Valle Infernale.  

Un riconoscimento che suggella l’iniziativa internazionale seguita dal ministero della Transizione ecologica, con il coordinamento operativo del Parco nazionale Lazio, Abruzzo e Molise, in cooperazione con altri Paesi europei (Bosnia-Erzegovina, Francia, Macedonia del Nord, Montenegro, Polonia, Repubblica ceca, Serbia, Slovacchia, Svizzera), per l’estensione del sito transnazionale naturale delle Antiche faggete d’Europa. L’estensione, infatti, ha permesso l’inclusione nel sito seriale Unesco di ecosistemi forestali mediterranei dominati dal faggio collocati nei settori più meridionali (Aspromonte), oro mediterranei /subalpini (Pollino) e di più a bassa quota (Sfilzi) della rete delle “Faggete vetuste d’Europa”.  

“L’Unesco estende oggi il più grande e articolato sito e network forestale sul piano continentale di cui l’Italia è assoluta protagonista, a dimostrazione delle eccellenze del nostro patrimonio naturalistico e delle conoscenze diffuse dei nostri manager e dei nostri forestali”, commenta il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. 

Grazie all’azione di tutela integrale garantita dalle riserve integrali dei parchi nazionali in stretta sinergia con i Carabinieri forestali, in queste faggete si conservano inalterati i cicli naturali della vita degli alberi che rendono la foresta vetusta più resistente ai cambiamenti globali: queste foreste rappresentano, infatti, veri e propri laboratori naturali dove vivono alberi adattati a superare estati calde siccitose contribuendo così alla mitigazione del cambiamento climatico.    

L’Italia è tra i pochi Paesi che hanno ottenuto, dall’organismo di valutazione prima e dal comitato Unesco oggi, un giudizio pienamente favorevole su tutte le estensioni proposte, senza raccomandazioni specifiche sulla relativa gestione o sullo stato di conservazione.   

Nel complesso, il riconoscimento odierno certifica un modello di governance delle aree protette di eccellenza basato sulla conservazione e ripristino degli ecosistemi forestali reso possibile da una lunga e consolidata collaborazione tra parchi nazionali, Carabinieri forestali, università e comunità locali e dall’impegno del ministero che proprio in tema di forestazione ha avviato un piano nazionale che prevede la realizzazione di foreste urbane resilienti in 14 città metropolitane per la messa a dimora di 6 milioni e 600 mila alberi. Un modello che conferma la leadership nella lotta ai cambiamenti climatici e nel contrasto alla perdita di biodiversità, sul piano mondiale ed europeo, che il nostro Paese ha dimostrato al G20 di Napoli della scorsa settimana.