(di Cristina Armeni) – Gli albergatori, i gestori degli impianti di risalita, dei rifugi e baite di montagna, ma anche maestri di sci e migliaia di stagionali quest’anno piangono, nonostante siano scese abbondanti nevicate sull’arco alpino e un po’ ovunque. Quest’anno infatti la stagione turistica invernale non decolla affatto. Anzi, gli operatori del settore parlano di “stagione compromessa” e di “flop”, peraltro già annunciato a causa delle restrizioni dovute al covid che impediscono di svolgere l’attività sciistica agli italiani e di accogliere i turisti stranieri. La decisione poi di aver fatto slittare ulteriormente l’apertura degli impianti di risalita al 18 gennaio non fa che gravare sull’economia del settore che già conta i danni con il 40% in meno di presenze rispetto all’anno scorso, ovvero una riduzione di 20 milioni di presenze ad oggi e perdite di fatturato pari a un terzo degli 11 miliardi di euro della stagione invernale.
La stagione invernale “è compromessa perché il fatturato più alto si realizza nel periodo che ormai ci lasciamo alle spalle, dall’Immacolata all’Epifania” sostiene Marina Lalli, presidente di Federturismo Confindustria, nel fare un primo bilancio con l’Adnkronos. Quest’anno “oltre al danno si aggiunge la beffa” commenta sarcastica “perché in questo periodo c’è stata la maggiore caduta di neve degli ultimi anni e gli impianti devono stare chiusi”. Inoltre, la prospettiva delle settimane bianche nei prossimi mesi è incerta perché, afferma Lalli, “non si è capito ancora quanto del periodo che abbiamo davanti si potrà sfruttare in termini turistici” considerando che una ipotesi allo studio del governo nel prossimo Dpcm sarebbe quella di “rendere rossi tutti i fine settimana”.
Altrettanto pessimista e lapidario è Vittorio Messina, presidente di Assoturismo Confesercenti per il quale la stagione invernale è un “flop” che era stato già annunciato dopo l’andamento del turismo da marzo 2020. “Visto che il primo trimestre di ogni stagione invernale rappresenta circa 60 milioni di presenze – aggiunge Messina – noi stimiamo che ci sarà almeno un calo del 40% delle presenze al netto di queste misure ma se dovessero intervenire ulteriori restrizioni il calo sarebbe ancora maggiore”. “Non è in discussione solo l’attività sciistica – aggiunge Messina – ma l’intera filiera che muove il turismo invernale e quindi i posti di lavoro e tutto l’indotto della montagna che quest’anno resterà fermo”.
A essere molto colpito è anche il settore degli impianti di risalita che, secondo le stime di Federturismo, fattura ogni anno 1,2 miliardi di euro e conta su 15 mila dipendenti, di cui 5 mila a tempo indeterminato e 10 mila stagionali, che lavorano nelle oltre 400 funivie e 1500 impianti.