Il Festival della Diplomazia affronta il delicato tema delle guerre economiche in relazione alle strategie nazionali ed alle sanzioni globali.
C’è urgenza di parlare di guerre economiche? E’ ancora possibile isolare l’economia dai giochi strategici tra gli stati? In che misura la legge, la politica, il commercio e le strategie sono collegate tra di loro?
Il Festival della Diplomazia prova a rispondere a queste domande.
Festival della Diplomazia e nazionalismo economico, è questa la causa?
Spesso è sufficiente uno sguardo veloce al titolo di un giornale per rendersi conto di quanto le misure politiche siano connesse al nazionalismo economico.
Di questo avviso è Alberto Saravalle, intervenuto nel corso della conferenza del Festival della Diplomazia.
Si è arrivati ad un punto tale da considerare qualsiasi prodotto e qualsiasi misura un’arma strategica per proteggere il proprio nazionalismo economico.
Qualche anno fa, in Francia, ad esempio, persino lo yogurt era da considerare uno strumento strategico di vitale importanza.
“Tutto è strategico, tutto è geopolitico”
Quali sono, allora, le origini di questo trend? Quali sono le sue molteplici facce? Ma soprattutto: Quali sono gli effetti che il nazionalismo economico produce sul business e sugli investimenti?
La crisi del 2008 è sicuramente un punto di partenza. Quel biennio ha cambiato molto. Ha cambiato il modo di percepire il progresso tecnologico, la finanza internazionale, l’economia nel suo complesso.
Questo, insieme ad altri fattori come il cambiamento climatico, ha generato insicurezza. Un’insicurezza difficile da gestire ed in grado di generare vincitori e vinti.
Il risultato è semplice. Protezionismo, meno competitività, controllo degli investimenti esteri, insaporito da un crescente populismo. Queste sono le molteplici sfaccettature del nazionalismo economico.
Il rischio è quello di una politicizzazione del business, una localizzazione dei piani strategici, minor impegno per un multilateralismo sano e il preoccupante aumento dei costi della globalizzazione.
Dal nazionalismo economico alle guerre economiche, il problema dell’unificazione della legge
Esistono numerose organizzazioni internazionali che lavorano in questo settore. L’unificazione della legge, come afferma Maria Chiara Malaguti durante il Festival della Diplomazia, potrebbe portare alla sconfitta del nazionalismo economico.
Ritroviamo oggi un sistema estremamente frammentato. Ogni stato sceglie i propri partner commerciali, stabilendo le proprie regole, volte ad isolare chi non è suo amico.
Questa dinamica alimenta il colonialismo economico e si sviluppa attraverso guerre economiche private.
Un modo per sconfiggerlo? L’unificazione della legge.
Il crollo del sistema del WTO ha costretto gli stati a stipulare diversi accordi, alimentando, ancora un volta il multilateralismo frammentato. Una legislazione comune aiuterebbe a scongiurare le crescenti minacce di guerre economiche.
Ad ogni modo, evidenzia ancora Maria Chiara Malaguti, le organizzazioni sono sempre più inclini ad utilizzare strumenti di soft law non vincolanti. Questo dal momento in cui gli stati risultano essere sempre meno propensi ad accettare convenzioni internazionali rigide, alla ricerca continua, invece, di flessibilità.
Festival della Diplomazia ed Unione Europea, un sistema collaudato
Anche l’Unione Europea si adatta alle nuove regole economiche. Ad oggi, come ricorda Antonio Parenti, capo dell’ufficio italiano della commissione europea, sono in vigore più di cento diversi accordi con partner esteri.
Se da un lato ne risente l’unificazione multilaterale, bisogna mettere in luce anche l’abilità europea di proporre ed imporre i propri standard commerciali ed economici.
In misura eguale, l’Unione Europea intrattiene fruttuosi rapporti con paesi vicini sia alla Cina che agli Stati Uniti, le due potenze da cui dipendono quasi la totalità delle guerre economiche che minacciano l’ordine internazionale.
Il prodotto europeo viene accettato, richiesto e voluto.
Sicuramente, paesi come la Cina hanno compreso l’importanza di regolare gli standard economici e commerciali. Questo crea uno sforzo continuo da parte cinese di ricoprire le principali posizioni nelle organizzazioni internazionali, per essere così in grado di regolare i flussi e le standardizzazioni economiche.
Manovre di questo tipo mettono a rischio l’impianto europeo, così come contribuiscono a minacciare un ordine economico già non perfetto.
Guerre economiche, il ruolo delle sanzioni
In quest’ottica s’inserisce il delicato ruolo delle sanzioni. A parlarne, nel corso del dibattito del Festival della Diplomazia, Jeff Schott.
L’ordine economico internazionale è continuamente minacciato dalla sicurezza economica.
Le sanzioni internazionali diventano così importanti per mantenere l’ordine.
Jeff Schott, ad ogni modo, sottolinea anche l’esigenza di un nuovo disegno delle sanzioni. Si tratta, infatti, ormai di strumenti in grado di debellare una minaccia locale, ma forse non di ristabilire un ordine economico.
Le dinamiche offensive tra Stati Uniti e Cina stanno mettendo a repentaglio questo sistema e la minaccia di una guerra economica spaventa molti. Per questo motivo è necessario un nuovo impianto di regole e di leggi, in grado di prevenire l’utilizzo stesso delle sanzioni.