Attraverso interventi di riqualificazione energetica e sismica del patrimonio immobiliare pubblico non residenziale si potrebbe ottenere un effetto moltiplicativo sul Pil italiano pari a 3,6 volte la somma investita, in grado di creare 870mila nuovi posti di lavoro, una riduzione delle emissioni di CO2 pari a circa 934mila tonnellate annue, una rivalutazione del valore degli immobili pari a oltre il 30%, risparmi energetici pari a oltre 450 milioni di euro all’anno, un aumento della sicurezza degli edifici ed una riduzione delle spese di manutenzione.
Lo rileva una ricerca realizzata della società di studi economici Nomisma per Rekeep, gruppo italiano attivo nell’integrated facility management, che lanciano la proposta di un Green New Deal per il patrimonio immobiliare pubblico, per superare la crisi da Covid-19, ottenendo importanti risultati economici, sociali e ambientali per l’Italia.
Quanto servirebbe per questi interventi? L’investimento stimato dalla ricerca è pari a circa 39 miliardi di euro da investire su un orizzonte pluriennale. Una spesa ingente ma sostenibile – fanno sapere Nomisma e Rekeep – sia perché tra debito pubblico, Recovery Fund e Fondi strutturali 2021-2027 saranno disponibili importanti risorse pubbliche, sia perché parte degli investimenti, in particolare quelli legati alla gestione dell’energia, potrebbero essere finanziati direttamente dalle imprese private attraverso la formula del partenariato pubblico privato.
Da un punto di vista economico, l’analisi evidenzia come una tale immissione di liquidità avrebbe un effetto moltiplicativo sul Pil pari a 3,6 volte la somma investita: i 39 miliardi di euro impiegati per la riqualificazione del patrimonio porterebbero generare effetti diretti e indiretti pari a 91,7 miliardi di euro di produzione, nonché 50,1 miliardi di indotto, per un impatto complessivo quantificabile in 141,8 miliardi di euro. Il progetto sarebbe in grado di creare 380mila nuovi posti di lavoro nei settori destinatari degli interventi e 490mila negli altri settori, per un numero complessivo di 870mila nuovi occupati.
Sempre dal punto di vista economico, la riqualificazione del patrimonio pubblico consentirebbe alle amministrazioni locali di disporre di immobili con una rivalutazione di valore fino a oltre il 30%. Inoltre, la riqualificazione degli edifici rappresenterebbe per gli enti locali anche un risparmio in termini di manutenzione ordinaria e straordinaria, una voce di spesa che nel tempo può assumere un peso rilevante nei costi di gestione. Infine, i risparmi energetici generati dagli interventi di riqualificazione sarebbero quantificabili in 450 milioni di euro all’anno.
Dal punto di vista ambientale, gli investimenti in riqualificazione genererebbero una serie di benefici che vanno dal contenimento degli impatti energetici, con una riduzione delle emissioni atmosferiche stimata in 934mila tonnellate annue di CO2, all’attivazione di una economia circolare volta alla limitazione dell’uso delle risorse e al riciclo dei materiali da costruzione, alla riduzione degli impatti sui cambiamenti climatici, alla tutela del suolo.
Il settore edilizio, infatti, è uno dei maggiori responsabili dell’impatto delle attività umane sul clima e sull’ambiente: edifici e abitazioni sono responsabili del 39% di tutte le emissioni globali di CO2 nel mondo e pesano per il 36% dell’intero consumo energetico globale, per il 50% delle estrazioni di materie prime e per un terzo del consumo di acqua potabile. Gli investimenti potrebbero quindi ridurre emissioni e consumi fino al 50%.
Anche dal punto di vista sociale, l’elevata sismicità di molte aree italiane, in particolare nel Centro-Sud, unitamente alle carenze strutturali degli edifici, renderebbe urgente il ricorso a un massiccio piano di riqualificazione per evitare costi sociali ed economici elevatissimi. La maggior parte degli edifici della pubblica amministrazione, in particolare quelli scolastici, sono infatti datati e obsoleti, fortemente energivori, causa di inefficienze di natura economica (aumento delle spese ordinarie e straordinarie di manutenzione), sociale (crollo del comfort reale e della sicurezza) e ambientale.
Per quanto riguarda la sostenibilità economica degli investimenti pluriennali stimati dalla ricerca, gli unici interventi che necessiterebbero di strumenti di incentivazione da creare ex novo risulterebbero quelli legati alla messa in sicurezza sismica degli edifici che riguardano in particolare le regioni del Centro-Sud Italia, in cui il rischio è più elevato.
Per quanto riguarda, invece, gli interventi per la riqualificazione energetica degli edifici, gli investimenti potrebbero già contare su un contributo importante da parte dei privati attraverso la formula del partenariato pubblico privato, una soluzione che prevede di affidare a una società esterna gli interventi che vengono ripagati attraverso la gestione successiva dell’immobile.
Se a ciò, tuttavia, si affiancassero meccanismi di incentivazione (come ad esempio, il Conto Termico, già disponibile, o un Superbonus PA simile a quello approvato dal Decreto Rilancio per l’edilizia residenziale), nella maggioranza dei casi sarebbe necessario solo un ridotto contributo degli enti locali.
Per la fattibilità della proposta risulterebbe, inoltre, fondamentale, secondo la ricerca, favorire un’aggregazione tra comuni, soprattutto tra quelli di piccole e medie dimensioni, in modo da permettere loro di raggiungere una massa critica in grado di garantirgli idonee competenze per valutare i diversi progetti o di accedere alle competenze disponibili nel più vicino comune capoluogo di provincia o nella città metropolitana di riferimento.
Nella stessa direzione, il sostegno delle capacità progettuali e valutative delle città metropolitane o dei comuni capoluogo, opportunamente incentivati, può rappresentare un elemento dirimente per attivare risorse in modo capillare ed efficace su tutto il territorio nazionale.