Nell’aprile di quest’anno, la zona di protezione del Parco Nazionale Kruger ha registrato zero casi di bracconaggio a carico dei rinoceronti della riserva mentre nella prima metà del 2020, in tutto il resto del Sudafrica sono stati colpiti 166 esemplari a fronte dei 319 dello scorso anno. E’ solo una fotografia parziale dell’impatto che il Covid-19 ha prodotto in favore di una specie che nell’ultima decade ha visto uccisi almeno 10mila dei suoi esemplari ma conferma la diretta correlazione che intercorre tra bracconaggio illegale ad opera dell’uomo e la sopravvivenza degli esemplari.
“Nel periodo di lockdown globale – spiega Cesare Avesani Zaborra, direttore scientifico del Parco Natura Viva di Bussolengo che da anni sostiene l’organizzazione internazionale ‘Save the Rhino’ – la presenza delle forze armate e i numerosi posti di blocco per le strade africane hanno funzionato da deterrente per i bracconieri, che hanno trovato sbarrate anche le vie del traffico illegale verso Cina e Vietnam, la più grande piazza per il corno di rinoceronte, a causa del blocco dei flussi turistici. Questo tuttavia porta con sé un problema indiretto, causato dall’assenza di quell’ecoturismo in grado di supportare parchi e riserve che tutelano la specie”.
Un risultato ritenuto irraggiungibile sin da quando, nel 2009, si iniziò a registrare un incremento di rinoceronti massacrati con 201 animali persi, che poi portò all’annus horribilis del 2015 con 1.349 uccisioni. “Per quello che riguarda l’Africa – prosegue Avesani Zaborra – quest’anno si registra dunque un aumento di 130 rinoceronti neri, che porta il totale a 5.630 e ancora un declino di rinoceronti bianchi, che si aggira intorno alle 18mila unità”.
Notizie di speranza vengono anche dalle tre sottospecie asiatiche: in Assam, si sono registrati nel 2020 solo due casi di bracconaggio a carico dei 3.600 rinoceronti indiani rimasti (che a differenza di quelli africani, sono dotati di un solo corno), il rinoceronte di Java passa da 68 a 72 esemplari mentre il rinoceronte di Sumatra prosegue il suo declino con meno di 80 esemplari viventi. “E’ questo dunque il momento per i Governi di tutti i Paesi – conclude Avesani Zaborra – di cogliere l’occasione e affermare con forza ancora maggiore che quando si parla di conservazione della fauna selvatica, si tratta di una priorità”.