Ripresa con ‘rimbalzo’ dei ritocchi estetici nella fase 3 dell’emergenza coronavirus. “Non ho fatto i calcoli, ma posso tranquillamente stimare un bel +20% di richieste di intervento”, spiega all’Adnkronos Salute il chirurgo plastico Paolo Santanchè, che già ad aprile aveva previsto un trend positivo per quando l’attività degli ambulatori chirurgici fosse ripartita.
I numeri, almeno quelli ricavati dalla sua esperienza personale, sembrano dare ragione allo specialista che analizza il fenomeno così: da un lato c’è “l’effetto catarsi” che rincuora chi, dopo i mesi bui della reclusione, può lasciarsi alle spalle il periodo più duro riaffacciandosi alla vita con qualche ruga in meno o forme nuove; dall’altro c’è “il fatto che per molte persone il lockdown con smart working ha avuto come risvolto positivo la possibilità di risparmiare i soldi che prima se ne andavano fra spostamenti, mezzi di trasporto o pranzi di lavoro”. Infine, a convincere chi magari meditava da tempo il ‘tagliando’ di bellezza, ma posticipava per troppi impegni professionali, ci sarebbe secondo l’esperto un’altra opportunità preziosa fornita dal ‘lavoro agile’ che molte aziende ancora chiedono o permettono: “L’ufficio in casa – evidenzia Santanchè – consente di proseguire la normale attività anche nel periodo di convalescenza post-intervento”.
Tre ragioni per le quali il chirurgo non esita a definire “brillante” la domanda di interventi registrata dopo la riapertura. “All’inizio – riferisce – c’è stato il boom di filler e botulino, per recuperare gli arretrati di chi li faceva periodicamente. Poi è cominciato tutto il resto più o meno con le percentuali di sempre: naso, seno, palpebre, lifting, liposuzione”, anche per ‘limare’ gli accumuli da lockdown o per riparare alla trascuratezza che l”effetto grotta’ può avere alimentato.
“A sorpresa sta forse andando meglio di prima del Covid”, dice Santanchè. “Da sempre – sottolinea – i piccoli o grandi interventi di chirurgia estetica sono stati spesso utilizzati come ‘catarsi’ dopo un brutto periodo: un lutto, una separazione, un divorzio”. Più genericamente un trauma e la pandemia tale è stata. “Dopo quello che abbiamo vissuto” nella prima fase della crisi coronavirus, tra paure e libertà negate, “la gente ha bisogno di voltare pagina – ragiona il medico – e fare qualcosa per se stessi e per il proprio aspetto aiuta psicologicamente”.
“Ma a parte questo, ora si aggiungono altri due fattori – prosegue l’esperto – Sta ancora molto continuando lo smart working e ciò ha due effetti positivi: intanto la gente risparmia su voci che prima, soprattutto in una città come Milano, per tanti significavano lasciarci anche un terzo di stipendio. E poi c’è il fatto che, potendo lavorare da casa, il paziente può assentarsi solo il giorno dell’intervento e poi proseguire il periodo di recupero restando comunque in attività con il pc”. Al riparo da sguardi curiosi, protetto dalle mura domestiche, lo stipendio è salvo e la discrezione è garantita.