Una generale regressione della fronte glaciale con un consistente aumento degli affioramenti del substrato roccioso. E’ questo il risultato del monitoraggio effettuato nella seconda tappa della Carovana dei Ghiacciai su cinque ghiacciai del gruppo del Monte Rosa: Indren, Bors, Locce, Piode e Sesia-Vigne. Di questi ghiacciai, uno, l’Indren, si trova sul versante aostano mentre gli altri quattro su quello valsesiano. 

“Il panorama che si offre, in particolare nell’area dei ghiacciai Indren e Bors, è irriconoscibile rispetto ad alcune decine di anni fa – dichiara Vanda Bonardo, responsabile Alpi Legambiente – Al posto del mare di ghiaccio ora c’è un deserto di sassi e rocce, più simile ad un paesaggio marziano. Un ambiente, quello roccioso che si va configurando, anch’esso interessante dal punto di vista scientifico se non fosse per qualche eccesso di presenza antropica”.  

Infatti, la zona è molto frequentata da turisti più o meno esperti e non sempre consapevoli dei rischi collegati al fenomeno: la degradazione del permafrost che non essendo più perennemente ghiacciato dà origine a frequenti crolli e distacchi di massi e detriti su sentieri che nel passato gli alpinisti consideravano sicuri.  

Ad esempio “la via che attraverso il ghiacciaio di Indren porta ai rifugi Mantova e Gnifetti che è stata più volte ritracciata per diminuirne la pericolosità legata alla diminuzione della massa glaciale e alla instabilità gravitativa della sovrastante parte rocciosa”, aggiunge Bonardo. 

Il ghiacciaio di Indren: attualmente, le due creste che lo delimitano lungo le pendici della Piramide Vincent dimostrano di soffrire del riscaldamento climatico con effetti di rapida deglaciazione e destabilizzazione gravitativa. Le osservazioni sono state effettuate presso la stazione fotografica del Corno del Camoscio (quota 3024 m slm), sovrastante l’Istituto Scientifico Angelo Mosso. Sono state confrontate le posizioni della fronte rilevate dalle fotografie storiche del 1915 (foto Umberto Monterin) fino al 2012 (foto Paolo Piccini) con la posizione attuale dimostrando il costante regresso con una forte accelerazione negli ultimi decenni.  

Il ghiacciaio è risultato non più percorribile come un tempo, poiché completamente crepacciato e per effettuare i rilievi si è reso necessario transitare da un fianco. Rispetto al passato, dall’osservazione effettuata il ghiacciaio è risultato solcato da numerosi crepacci, variamente orientati rispetto ai crepacci longitudinali e trasversali. Una situazione che indica una dinamicità ancora presente della massa glaciale ma anche una sua profonda sofferenza.  

Non si sono potute effettuare le misurazioni frontali come d’abitudine a causa della presenza di un lago proglaciale che si è formato negli ultimi anni e che rende di fatto inaccessibile la linea di fronte. Quest’anno, inoltre la posizione della fronte è ulteriormente mascherata da una copertura nevosa residuale in conseguenza degli eventi valanghivi della stagione invernale.  

Questi apporti, se da un lato possono contribuire a conservare il ghiaccio del settore frontale, dall’altro rappresentano una situazione fortemente anomala: in alto la copertura nevosa è assente, mentre, in basso, grazie all’azione delle valanghe la copertura nevosa resiste. Esattamente un ribaltamento del normale comportamento di un ghiacciaio in cui il settore maggiormente alimentato è posto a monte nel cosiddetto bacino di accumulo. 

Nella tappa del Monte Rosa, spiega Marco Giardino, segretario del Comitato Glaciologico Italiano, “abbiamo associato osservazioni panoramiche a rilievi in situ sul ghiacciaio. Un connubio essenziale per interpretare sia l’evoluzione areale sia la dinamica glaciale locale. Riguardo a questo secondo tipo di monitoraggio il dato fornitoci dagli operatori glaciologici è incontrovertibile: il regresso delle fronti negli ultimi anni è sempre più rapido ed è accompagnato da un cambiamento nel modo di comportarsi delle masse glaciali visitate”.  

“Il proliferare di crepacci variamente orientati e di sempre più ampie finestre rocciose – aggiunge – dimostra l’insufficiente accumulo per garantire la funzionalità del ghiacciaio. Gli accumuli nevosi che mascherano le fronti sono purtroppo solo effimeri segnali della posizione frontale, generati da accumuli valanghivi e non da un avanzamento frontale della massa glaciale”. 

Il ghiacciaio di Bors è risultato essere in forte sofferenza, con una buona porzione di ghiaccio già esposto ovvero privo della copertura nevosa invernale che lo protegge dalla fusione. Questa tendenza è stata confermata sia attraverso il confronto con le immagini più antiche (fine Ottocento fratelli Gugliermina) sia con la sequenza di immagini dell’ultimo ventennio (foto Piccini).  

L’esposizione a sud ovviamente non favorisce la conservazione della massa glaciale in un periodo di riscaldamento climatico e la continua apertura di numerose finestre rocciose contribuisce ulteriormente ad accelerare la degradazione. Il sopralluogo diretto effettuato dagli operatori del Comitato Glaciologico Italiano ha confermato il costante regresso frontale in atto da decenni. In particolare nella zona laterale destra si è registrato l’abbandono della copertura del ghiacciaio in cui era presente da sempre un segnale di misura.  

Per questo è stato posizionato un nuovo segnale con allineamento nord-sud denominato PT 20 in posizione prossima alla fronte nella zona centrale a circa 3200 metri di quota. Le osservazioni sul ghiacciaio hanno confermato un consistente aumento degli affioramenti rocciosi a quote elevate (3650 m slm circa) fino alla zona di accumulo, ovvero la zona dove la neve dovrebbe conservarsi tutto l’anno, trasformarsi in ghiaccio e così alimentare il ghiacciaio. 

Il ghiacciaio Locce sud ormai ha poco ghiaccio e questo è testimoniato dalla modesta quantità di acque del torrente proglaciale se confrontato con quelli provenienti dai ghiacciai Piode e Sesia-Vigne. Piode, il ghiacciaio più esteso dei ghiacciai valsesiani, si divide nella parte frontale in due distinte colate che appaiono sempre più appiattite e annerite dal detrito. Nel 2013 una delle due colate si è separata dalla massa centrale diventando una porzione di ghiaccio morto che poi si è disintegrato.  

La denominazione del ghiacciaio Sesia-Vigne può apparire curiosa per la doppia attribuzione ma è spiegabile per il fatto che esistono due bacini di accumulo coalescenti che verso il basso formano a loro volta altre due colate che si ricongiungono frontalmente. Proprio nel settore frontale sono state osservate sia in panoramica che su posto le maggiori criticità per la sopravvivenza della massa glaciale.  

La seraccata comune del ghiacciaio Sesia-Vigne ha da sempre determinato problemi per i rilevatori e tuttora ha evidenziato un regresso lineare della fronte superiore ai 20 metri annui anche se talvolta mascherato da accumuli nevosi.