All’interno delle Rsa la mortalità totale nei primi 4 mesi del 2020, durante la pandemia di Covid-19, è stata pari al 22%, circa 2,5 volte più elevata di quella degli anni precedenti (pari a circa il 9%). E’ quanto emerge da uno studio della mortalità verificatasi in 162 strutture sul territorio di riferimento dell’Ats di Milano (che comprende anche Lodi) che ospitano oltre 16 mila persone. In questi 4 mesi, da gennaio ad aprile 2020, nella popolazione di Ats Milano con più di 70 anni d’età si sono osservati circa 5.500 decessi in più di quanto atteso in base alla media dei decessi degli anni precedenti. Di questi, il 46% si sono verificati nelle Rsa.
“Per quel che sappiamo – commenta il Dg di Ats città metropolitana di Milano, Walter Bergamaschi, oggi durante un incontro in Ats – è il primo studio in Italia che valuta la mortalità avvenuta in queste strutture in modo sistematico. L’obiettivo è poter fare valutazioni di cosa ha funzionato e cosa no. Non vogliamo fare processi. Il lavoro ha misurato l’aumento di mortalità assoluta durante la pandemia, indipendentemente dal numero di casi accertati. E’ una fotografia e non tutte le strutture hanno avuto gli stessi fenomeni. Intendiamo andare avanti per capire il legame fra le misure messe in atto e i risultati ottenuti”.
“Rsa piccole, dove i pazienti sono in camere singole e in cui c’è possibilità di isolamento, hanno avuto una capacità di reagire” alla pandemia di Covid-19 “diversa da strutture che hanno camerate e in cui i pazienti sono più aggregati. Le strutture più grandi, con centinaia di operatori che si spostano per la città per andare al lavoro, sono senz’altro state più esposte al virus”, ha continuato Bergamaschi. “Anche le scorte adeguate di dispositivi di protezione individuale e il personale che può dormire nella struttura fanno la differenza. Queste riflessioni faranno parte del lavoro che vogliamo fare ora per capire cosa ha funzionato e cosa no”, aggiunge.
“Oggi nei processi mediatici si ragiona come se le case di riposo, le Rsa, avessero dovuto garantire il cosiddetto isolamento respiratorio” degli ospiti “che si garantisce negli ospedali che fanno i trapianti. Scordiamocelo, con 50 euro al giorno” di quota di tariffa pagata in partecipazione dal Ssn, in base ai Livelli essenziali di assistenza, “miracoli non se ne possono fare. Per migliorare questo segmento, bisognerà investire molto di più”. E’ la riflessione di Vittorio Demicheli, direttore sanitario di Ats Città metropolitana di Milano. “Bisogna ripensare questo modello assistenziale, che si è mostrato debole, investendo molto di più non solo in termini economici ma anche di cultura e formazione”, sottolinea.