“Per noi è fondamentale in quest’ottica di continua cooperazione la necessità di identificare anche il quantitativo di fabbisogno” di test sierologici per Covid-19 “al di là dello studio epidemiologico, in modo tale da riuscire anche a fare una corretta programmazione insieme alle nostre imprese di produzione ed evitare che si cada poi nella diatriba che tiene campo a livello mediatico per i tamponi, sui quali abbiamo visto come una scarsa programmazione, una cattiva comprensione di come utilizzarli sul territorio, un uso disomogeneo delle linee guida e un’assenza di corretto approvvigionamento abbia portato il nostro Paese ad avere una mancanza di reattivi”. A sottolinearlo è stato Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria dispositivi medici, oggi nel corso delle audizioni informali in Commissione Sanità del Senato sul tema studi epidemiologici e statistiche sul coronavirus Sars-CoV-2.
Dato che, ragiona Boggetti, “un approccio simile purtroppo lo si sta vedendo anche nel mondo della sierologia vorremmo che si apprendesse da quello che forse non abbiamo fatto bene nella parte dei tamponi, per evitare che si commettano errori analoghi”. L’auspicio espresso dall’esperto è che “l’industria sia messa anche nelle condizioni di riuscire a pianificare al meglio la propria attività produttiva per rispondere al fabbisogno del nostro Paese” sui test sierologici.
Quanto all’affidabilità dei test, Boggetti sottolinea come “in medicina il 100 per cento non esiste. All’inizio, siccome questo era un virus ignoto, i primi test genetici erano costruiti sul virus della Sars, e non su Covid, perché molto omologo e quindi unendo la clinica era possibile” identificare il malato Covid. Quanto ai test sierologici “mi sento di dire che oggi alcuni disponibili sul mercato sono molto affidabili, al 97-98%, ma un test sierologico misura la risposta immunitaria della persona a un virus e questa risposta è diversa da individuo a individuo. Quindi il punto non è la scarsa affidabilità dei test, al di là dei proclami politici. Bisogna capire come vogliamo usare questi test”.
L’industria, continua il numero uno di Confindustria dispositivi medici, “per definizione spiega qual è l’utilizzo intenzionale del proprio test quando lo lancia ma tocca al mondo scientifico dare le risposte su come usare questi test. E l’interazione” fra industria e controparte scientifica “va valorizzata, non demonizzata come è successo per alcuni scienziati che hanno collaborato con alcune aziende durante l’epidemia. Altrimenti poi l’industria va fuori a fare ricerca clinica”. Ovviamente, ribadisce, “sono la specificità e sensibilità diagnostica che fanno la qualità di un test, ma questa cambia a seconda della maturità della risposta immunitaria nel tempo contro il virus”.
E “ancora una volta è importantissimo l’utilizzo di questi test gestiti dai clinici e non da chi vuole riaprire le fabbriche o dai politici o da chi vuole dare risposte diverse da quelle scientifiche che un test diagnostico può dare”, puntualizza. Quanto alla patente immunitaria, “tutti vorremmo avere un bollino che ci dice che ho contratto l’infezione e sono immune, ma non si sa, non si conoscono ancora diversi aspetti. Inoltre, oggi si parla di prevalenze intorno al 4-6%: significa che il 95% circa delle persone” che si sottopongono al test sierologico per gli anticorpi contro Sars-CoV-2 “risulta negativo. E quindi che deve fare? Ogni settimana si fa il test? Queste sono invece le risposte che la politica deve dare. Oggi ci si è convinti che il test non sia affidabile ma esistono tecnologie con risultati altissimi. Il problema è la gestione che si vuole fare dei test, che non è corretta rispetto a come sono stati pensati”.
“SERVE STUDIO SU PIÙ TEST DIAGNOSTICI” – “Quello che ci auguriamo è che venga fatto uno studio sui test diagnostici disponibili” per Covid-19 “e che vengano stabiliti i criteri di accettabilità in termini di sensibilità e specificità in modo da aprire il più possibile a diversi fornitori” sottolinea Massimiliano Boggetti.
“Questo credo sia anche una protezione per il nostro Paese – evidenzia – perché affidarci a un unico fornitore può generare una forte dipendenza e mettere il nostro Paese in una situazione di crisi di approvvigionamento”. Boggetti, parlando di studi epidemiologici e statistiche su Sars-CoV-2 e del relativo provvedimento al riguardo, rileva oggi una “grande disomogeneità di approccio sul territorio”, mentre a suo avviso “quando ci si muove verso questi studi epidemiologici” serve “che ci sia un coordinamento fra ciò che a livello centrale si pensa di fare e quello che le regioni stanno facendo”.
Questo, puntualizza, “non vuol dire necessariamente test unico. Credo sia stata fatta negli ultimi tempi molta confusione sull’approvvigionamento di questi 150mila test” che servono “per lo studio epidemiologico insieme all’Istat e quello che è stato percepito da alcuni governatori come una scelta di un test da utilizzare per gli altri studi che vengono fatti sul territorio regionale, dagli studi sulla popolazione sanitaria a quelli sui cittadini e sui lavoratori per le aziende che riaprono. Non è logico scegliere un test unico, non è quello che garantisce l’omogeneità di gestione del dato”.
Questo virus, “è un virus nuovo, la cui patogenicità non è ancora chiara e l’avanzamento della comprensione anche attraverso questi studi a livello globale aiuterà anche l’industria a produrre test di nuova generazione più sensibili e specifici e quindi in grado di riuscire a rispondere al meglio alla lotta contro questa pandemia”.
“SERVE INDUSTRIA PER AFFRONTARE PANDEMIE” – “In questa terribile tragedia che ha colpito l’Italia credo si sia percepita l’importanza di tutta la diagnostica di laboratorio nello specifico, ma anche dei dispositivi medici. Ci auguriamo fortemente che nella ‘Fase 3’ di rilancio del nostro Paese ci possa essere un dibattito molto costruttivo con Governo e istituzioni per creare un’industria produttiva in Italia, indipendentemente dai capitali con cui questa sia fatta, e costruire un tessuto industriale che ci permetta di affrontare con maggiore forza quello che oggi abbiamo scoperto essere il problema di questo millennio, ovvero le pandemie” è l’auspicio espresso da Boggetti.
“Noi – sottolinea – abbiamo lavorato in maniera stretta con la Protezione civile, il ministero” della Salute “e il Commissario straordinario” per l’emergenza coronavirus, Domenico Arcuri, “e vediamo con favore la creazione di uno studio epidemiologico sul territorio nazionale che ci aiuti a capire anche quanto la pandemia ha colpito il nostro Paese. Sarebbe interessante che i dati che emergono da questo studio potessero essere messi a disposizione anche dell’industria stessa che lavora a nuove tecnologie, per l’immissione in commercio di test sempre più accurati e specifici”.