Il timore, diffuso in Italia tra forze politiche di maggioranza e di opposizione, che l’utilizzo delle linee di credito del Meccanismo Europeo di Stabilità possa essere una sorta di “cavallo di Troika”, possa portare cioè per vie opache all’applicazione di una ferrea condizionalità macroeconomica in un secondo momento, “non è affatto giustificato” nel caso specifico. A spiegarlo, in vista della riunione dell’Eurogruppo di dopodomani, è stato un alto funzionario Ue, a Bruxelles.
Il timore della possibile applicazione di una rigida condizionalità ex post trova il suo fondamento nella cosiddetta ‘sorveglianza aumentata’ (enhanced surveillance), prevista dall’articolo 7 del regolamento 472 del 2013, uno dei due regolamenti del Two Pack, che prevede la possibilità di modificare, in un secondo momento, il Memorandum of Understanding (MoU) che un Paese deve sottoscrivere per accedere alle linee di credito del Mes, che saranno modellate sulle Eccl (Enhanced Conditions Credit Lines).
Si tratta di un tema, ha riconosciuto il funzionario, sul quale l’Italia è “ipersensibile”, cosa che per uno straniero “non è sempre facile da capire”. In pratica, l’articolo del regolamento del Two Pack prevede che, se le cose vanno male, allora la Commissione può richiedere allo Stato membro di fare richiesta di un programma macroeconomico di aggiustamento. Per l’alto funzionario, quanto previsto dall’articolo 7 è “tautologico”, poiché la Commissione Europea può suggerire ad uno Stato “in qualsiasi momento” di chiedere un programma macroeconomico di aggiustamento. E questo a prescindere dalle condizioni delle linee di credito del Mes. Si tratta, osserva, di un comma che dovrebbe essere inteso semplicemente come “un memo” all’interno del regolamento. Inoltre, spiega, le missioni di ‘sorveglianza aumentata’ nell’ambito delle linee di credito anti pandemia “si concentrerebbero sulle condizioni contenute nel MoU”, che prevedranno l’uso delle risorse per spese sanitarie, dirette e indirette, connesse alla pandemia.
La Commissione, spiega ancora, ha indicato che sarà “impossibile”, su una base così ristretta, poter usare l’MoU per chiedere un programma macroeconomico al Paese richiedente. Pertanto, la preoccupazione “è ingiustificata”, secondo il civil servant. Riguardo alle condizioni poste dall’Olanda, la durata delle linee di credito “onestamente non mi sembra un grosso problema. Ci sarà certamente un accordo su questo”, prevede la fonte. Per quanto concerne invece la definizione delle spese sanitarie “indirette”, per alcuni Paesi “è importante che ci sia un reale legame con la sanità”, ma “non credo che sia un grande problema per un Paese trovare spese per il 2% del Pil” da effettuare in campo sanitario, in piena pandemia di Covid-19.
Quanto al programma Sure a sostegno dell’occupazione, l’alto funzionario ha riferito che al primo giugno potrebbero non esserci tutte le garanzie (25 mld di euro) necessarie a sostenere l’emissione delle obbligazioni tramite le quali la Commissione raccoglierà fondi, da girare poi agli Stati sottoforma di prestiti back-to-back, per 100 mld di euro, destinati a finanziare programmi come la cassa integrazione italiana o lo chomage partiel francese.
“L’impegno politico per realizzare Sure c’è al 100%”, assicura, ma sono necessari passaggi parlamentari. E, anche se “ogni Paese sta facendo del suo meglio per fare il più velocemente possibile”, a causa della pandemia non tutti i Parlamenti funzionano a pieno regime. Pertanto, “è probabile che le garanzie non ci siano tutte entro il primo giugno, non per cattiva volontà ma a causa di ostacoli effettivi”, conclude.