“C’è stato un cortocircuito, un ‘qui pro quo’ su cui bisognerà tornare. Si dovranno chiarire il ministro Bonafede e Di Matteo: questo è il mio auspicio”. Lo afferma il presidente della Commissione parlamentare Antimafia e senatore M5S Nicola Morra. 

“Arrivare a sostenere che l’azione di Bonafede sia stata inficiata da subito da condizionamento, minacce e intimidazioni per cui avrebbe evitato la nomina di Di Matteo a capo del Dap mi pare un’inferenza illogica”, afferma ancora il pentastellato in una diretta Facebook. “Se Bonafede fosse stato condizionato, minacciato, intimorito avrebbe potuto chiamare qualcun altro e non Di Matteo invece lo ha chiamato, ma poi, presumo, c’è stato un problema di comunicazione per cui il posto al Dap è stato assegnato a un’altra persona”, aggiunge Morra.  

Il senatore M5S ha quindi ricostruito quanto emerso nella trasmissione televisiva di ieri. “Bonafede ha chiamato Di Matteo per offrirgli la possibilità di scegliere tra due incarichi, il primo essere a capo del mondo carcerario”, ha ricordato Morra, “oppure un altro incarico” ossia la “Direzione generale affari penali, ruolo in cui a inizio anni ’90 fu chiamato a Roma Giovanni Falcone”. Morra ha poi ricordato che erano state “pubblicate alcuni giorni prima delle intercettazioni di boss appartenenti a Cosa Nostra in cui si diceva ‘se fanno Di Matteo capo Dap è finita’ proprio perché si riconosceva lo straordinario spessore dell’uomo e del magistrato”. 

“C’è da domandarsi perché siano state fatte altre scelte: su questo stiamo approfondendo e valuteremo. Ma la politica è fatta con saggezza attraverso tecniche che rinviano tutte al ‘divide et impera’, ce lo hanno insegnato gli antichi romani, e se oggi permettiamo che il fronte vero, concreto dell’Antimafia si spacchi e, da un lato ci siano i sostenitori di Di Matteo e dall’altro i sostenitori di Bonafede, i primi sconfitti siamo tutti noi perché non ci troveremmo più compatti e saremmo degli sciocchi”, ha continuato il senatore.  

“Sicuramente ci sono state responsabilità in merito a questo cortocircuito comunicativo che ha impedito che a capo di una amministrazione così importante ci andasse un magistrato così rispettato, temuto dagli stessi mafiosi”, ha sottolineato Morra secondo il quale “uomini come Di Matteo, eroe e galantuomo, non possono essere messi in discussione. Al pari delle politiche Antimafia promosse dal M5S”. 

Dai dati chiesti dall’Antimafia al Dap e ricevuti il 29 aprile “abbiamo saputo che 376 reclusi in precedenza o al 41bis o nel regime di alta sicurezza primo livello o nel regime di alta sicurezza terzo livello sono stati scarcerati: alcuni, circa 200, erano in attesa di giudizio e quindi non trattavasi di soggetti condannati per reati mafiosi, ma gli altri 200 scarsi sì e sono fuoriusciti”, ha quindi spiegato Morra.  

“Questo è a mio avviso dipeso da responsabilità amministrative di una struttura, il Dap – ha osservato – Pochi giorni fa il ministro ha accettato le dimissioni di Basentini. E’ stato nominato il vice capo del Dap Tartaglia e poi il Capo del Dap Petralia, uomini assolutamente insindacabili nell’azione contro le mafie”.  

“Però se avessimo avuto un’altra direzione del Dap con tutta probabilità avremmo avuto altri risultati ed avremmo evitato che questi detenuti fuoriuscissero dagli istituti di pena”, ha continuato. Morra, in un altro passaggio della diretta, ha anche sottolineato: “Addebito a quella conduzione del Dap tanti errori, in buona fede, che però stiamo scontando”.