Uno studio dell’Università del Maryland mette in relazione temperatura, umidità e latitudine con il virus del Covid19: ecco quali sono le conclusioni degli scienziati
Secondo gli scienziati dell’Università del Maryland esiste uno stretto corridoio, definito da zone che condividono latitudine, temperatura e umidità, compreso fra 30 e 50 gradi di latitudine: le temperature medie in questa “cintura” sono tra i 5 e gli 11 gradi e l’umidità tra il 47 e il 79 per cento. Queste zone hanno una cosa in comune: sono state tra le più duramente colpite dal Coronavirus. Sembra dunque scontato che non si tratti di una coincidenza: la stessa Lombardia ha una media di 9 gradi e un umidità tra 68 e 75 per cento.
In generale il Covid19 non è esploso in zone particolarmente fredde ma neanche particolarmente calde: oltre al Nord Italia le zone più colpite (dopo la Cina) sono state sud Corea, Francia, Germania, Iran, l’area nord pacifica degli Stati Uniti, tutte zone che mantengono una temperatura stabile per oltre un mese. Un altro elemento è saltato agli occhi degli scienziati del Global Virus network, di cui l’Università del Maryland fa parte: le zone più vicine alla Cina sono risultate meno colpite dal virus, parliamo di Thailandia, Cambogia, Myanmar, dove i casi si contano ancora in poche decine. “Merito” forse di temperature diverse da quelle contemplate dallo studio.
Secondo i ricercatori, il Covid19è quindi sensibile al clima, come tutte le forme che attaccano l’apparato respiratorio: sopporta il freddo, perchè protetto da uno strato di grasso che si deteriora all’interno del corpo umano. Se però quello strato si deteriora quando è ancora all’esterno, il virus muore.
Secondo lo studio del Maryland, avrebbero un ruolo nello sviluppo o meno del virus anche la melatonina e la vitamina D.
L’estate ci libererà dal virus?
La speranza è condivisa e comune: con l’arrivo della bella stagione il Covid19 mollerà la presa sul nostro paese e su tutto il mondo. Nessuno può garantirlo, ma di certo una ricerca dell’Ospedale di Greifswald e dell’Università Ruhr a Bochum, Germania, ha stabilito che il virus sulle superfici resiste molto più a lungo con il freddo. A 4 gradi resiste per giorni interi, mentre a 30-40 gradi sparisce velocemente.
Non resta quindi che attendere, mentre si lavora alacremente per lo sviluppo del vaccino, l’unico elemento in grado di risolvere il problema.